il risultato complessivo conseguito da De Maria costituisce una felicissima sintesi fra le ragioni razionalistico-architettoniche della poetica bachiana e una peculiare ricerca espressivaDopo aver registrato con risultati eccellenti l’opera completa di Chopin, con questa nuova incisione Pietro De Maria inaugura un impegnativo itinerario bachiano comprendente i due libri del Wohltemperiertes Klavier e le Variazioni Goldberg, vale a dire quanto di più complesso, profondo ed esaltante sia mai stato scritto per uno strumento a tastiera.
Pur preferendo per questo repertorio un’esecuzione clavicembalistica (con particolare riguardo per quella di Gustav Leonhardt), siamo sempre stati convinti che la grandezza e la versatilità del genio bachiano possano essere adeguatamente valorizzate anche da un approccio pianistico, come, del resto, dimostra la presente versione del pianista veneziano: del resto molti dei Preludi e delle Fughe di questo Primo Libro presentano una scrittura non sempre adeguata al clavicembalo (come è noto, il termine “Klavier” significa semplicemente “tastiera”). Come ha puntualmente rilevato lo stesso solista “alcuni brani risulterebbero benissimo all’organo, altri invece con l’intima espressività del clavicordo, per altri ancora, come certi virtuosistici preludi, andrebbe bene il clavicembalo…infine anche un coro a più voci renderebbe giustizia ad alcune fughe e gli Swingle Singers lo sapevano bene!”
Fatte queste precisazioni possiamo affermare in linea generale che il risultato complessivo conseguito da De Maria costituisce una felicissima sintesi fra le ragioni razionalistico-architettoniche della poetica bachiana e una peculiare ricerca espressiva, traducendo così concretamente la celebre definizione della musica espressa da Gottfried Wilhelm Leibniz (“musica est arithmetica nescientis se numerari animi”). In effetti, all’assoluto rigore e all’estrema chiarezza nella resa del dettato contrappuntistico si unisce una cura davvero non comune nel rendere esplicite le potenzialità espressive (la cantabilità) anche delle architetture più complesse ed intricate, senza mai travalicare gli equilibri connessi ad ogni singolo edificio (tre casi su tutti: la grandiosa Fuga in Do diesis minore, lo straordinario, toccante Preludio e Fuga in Mi bemolle minore, l’assorto ed introverso Preludio e Fuga in Fa minore).
In questo senso, il dosaggio infinitesimale delle dinamiche, la calibrata diversificazione dei piani sonori (soprattutto nelle Fughe), la pedalizzazzione, i crescendo e i diminuendo, la varietà e la fluidità delle scelte agogiche, la stessa ricerca timbrica sono stati messi a punto evidenziando ed assecondando il carattere peculiare delle singole pagine, senza concessioni agli effetti fini a se stessi. Come accennato, altrettanto ammirevole è risultata la chiarezza con cui sono state dipanate anche le Fughe più complesse, mettendo sempre in pieno risalto le varie entrate delle voci in funzione della chiarezza dell’eloquio, ma senza eccedere nell’enfasi gratuita (un risultato reso possibile grazie ad un calibrato uso del pedale). Notevolissima poi la cura riservata agli abbellimenti (derivati dalle fonti originali), realizzati non solo tenendo conto delle edizioni Urtext, ma anche confrontando i diversi manoscritti giunti fino a noi, con particolare riguardo per la copia di Anna Magdalena, del genero Altnikol e dell’allievo Kirnberger, nella convinzione che “ molti ornamenti non presenti nel manoscritto di Bach siano stati aggiunti da Bach stesso nelle copie dei suoi allievi mentre faceva loro lezione”.
Non un solo accento, dunque, è stato lasciato al caso, ogni soluzione è stata filtrata attraverso una lucida analisi testuale e stilistica, a conferma di una ammirevole serietà di intenti e del pieno dominio del linguaggio bachiano.
All’elevata qualità della registrazione si unisce la ricchezza degli apparati comprendenti ampie e puntuali note informative (anche in lingua italiana) firmate da Nicola Cattò e dallo stesso De Maria.
il risultato complessivo conseguito da De Maria costituisce una felicissima sintesi fra le ragioni razionalistico-architettoniche della poetica bachiana e una peculiare ricerca espressivaDopo aver registrato con risultati eccellenti l’opera completa di Chopin, con questa nuova incisione Pietro De Maria inaugura un impegnativo itinerario bachiano comprendente i due libri del Wohltemperiertes Klavier e le Variazioni Goldberg, vale a dire quanto di più complesso, profondo ed esaltante sia mai stato scritto per uno strumento a tastiera.
Pur preferendo per questo repertorio un’esecuzione clavicembalistica (con particolare riguardo per quella di Gustav Leonhardt), siamo sempre stati convinti che la grandezza e la versatilità del genio bachiano possano essere adeguatamente valorizzate anche da un approccio pianistico, come, del resto, dimostra la presente versione del pianista veneziano: del resto molti dei Preludi e delle Fughe di questo Primo Libro presentano una scrittura non sempre adeguata al clavicembalo (come è noto, il termine “Klavier” significa semplicemente “tastiera”). Come ha puntualmente rilevato lo stesso solista “alcuni brani risulterebbero benissimo all’organo, altri invece con l’intima espressività del clavicordo, per altri ancora, come certi virtuosistici preludi, andrebbe bene il clavicembalo…infine anche un coro a più voci renderebbe giustizia ad alcune fughe e gli Swingle Singers lo sapevano bene!”
Fatte queste precisazioni possiamo affermare in linea generale che il risultato complessivo conseguito da De Maria costituisce una felicissima sintesi fra le ragioni razionalistico-architettoniche della poetica bachiana e una peculiare ricerca espressiva, traducendo così concretamente la celebre definizione della musica espressa da Gottfried Wilhelm Leibniz (“musica est arithmetica nescientis se numerari animi”). In effetti, all’assoluto rigore e all’estrema chiarezza nella resa del dettato contrappuntistico si unisce una cura davvero non comune nel rendere esplicite le potenzialità espressive (la cantabilità) anche delle architetture più complesse ed intricate, senza mai travalicare gli equilibri connessi ad ogni singolo edificio (tre casi su tutti: la grandiosa Fuga in Do diesis minore, lo straordinario, toccante Preludio e Fuga in Mi bemolle minore, l’assorto ed introverso Preludio e Fuga in Fa minore).
In questo senso, il dosaggio infinitesimale delle dinamiche, la calibrata diversificazione dei piani sonori (soprattutto nelle Fughe), la pedalizzazzione, i crescendo e i diminuendo, la varietà e la fluidità delle scelte agogiche, la stessa ricerca timbrica sono stati messi a punto evidenziando ed assecondando il carattere peculiare delle singole pagine, senza concessioni agli effetti fini a se stessi. Come accennato, altrettanto ammirevole è risultata la chiarezza con cui sono state dipanate anche le Fughe più complesse, mettendo sempre in pieno risalto le varie entrate delle voci in funzione della chiarezza dell’eloquio, ma senza eccedere nell’enfasi gratuita (un risultato reso possibile grazie ad un calibrato uso del pedale). Notevolissima poi la cura riservata agli abbellimenti (derivati dalle fonti originali), realizzati non solo tenendo conto delle edizioni Urtext, ma anche confrontando i diversi manoscritti giunti fino a noi, con particolare riguardo per la copia di Anna Magdalena, del genero Altnikol e dell’allievo Kirnberger, nella convinzione che “ molti ornamenti non presenti nel manoscritto di Bach siano stati aggiunti da Bach stesso nelle copie dei suoi allievi mentre faceva loro lezione”.
Non un solo accento, dunque, è stato lasciato al caso, ogni soluzione è stata filtrata attraverso una lucida analisi testuale e stilistica, a conferma di una ammirevole serietà di intenti e del pieno dominio del linguaggio bachiano.
All’elevata qualità della registrazione si unisce la ricchezza degli apparati comprendenti ampie e puntuali note informative (anche in lingua italiana) firmate da Nicola Cattò e dallo stesso De Maria.