Fin dal primo, celeberrimo numero sull'arpeggio di do - il Praeludium sul quale Gounod si inventerà l'Ave Maria - il suono trascolora in cangianze tali da evocare altri strumenti oltre lo Steinway da concerto. E nel prosieguo dell'ascolto l'impressione si conferma: il pianoforte sembra un organo, un fllauto, un'orchestra, addirittura un coro.Ce lo disse già tre anni fa - nel pieno della sua impresa chopiniana - che l'intenzione era quella: dopo l'integrale affrontata in disco e in recital di tutto Chopin, avrebbe voluto dedicarsi ai due volumi del Clavicembalo ben temperato di Bach (e pensare anche a Debussy e a Ligeti). La prima parte del progetto Bach è pronta, in questo bellissimo doppio CD che la dice lunga su come Pietro De Maria venga da Chopin e pensi a Debussy. Cioè: questione di tocco, di sensibilità al tasto che più variegato di così è difficile immaginare. Fin dal primo, celeberrimo numero sull'arpeggio di do - il Praeludium sul quale Gounod si inventerà l'Ave Maria - il suono trascolora in cangianze tali da evocare altri strumenti oltre lo Steinway da concerto. E nel prosieguo dell'ascolto l'impressione si conferma: il pianoforte sembra un organo, un fllauto, un'orchestra, addirittura un coro. Una metamorfosi del tutto in linea con la camaleontica opera che, destinata al clavier (cioè a un esemplare da tasto non specificato da Bach), verifica un dato "scientifico": la divisione della scala musicale secondo il concetto di un moderno evoluzionismo armonico esperito organicamente dai 48 Preludi e Fughe dei due tomi costruiti su tutti i toni e semitoni dell'ottava. Questo l'input. Il risultato è una summa stupefacente di allusioni/illusioni stilistiche d'epoca barocca e non solo (dalla forma bipartita del Preludio sortirà la moderna Sonata, per esempio), che De Maria illumina con un acume di analisi da applauso.
Fin dal primo, celeberrimo numero sull'arpeggio di do - il Praeludium sul quale Gounod si inventerà l'Ave Maria - il suono trascolora in cangianze tali da evocare altri strumenti oltre lo Steinway da concerto. E nel prosieguo dell'ascolto l'impressione si conferma: il pianoforte sembra un organo, un fllauto, un'orchestra, addirittura un coro.Ce lo disse già tre anni fa - nel pieno della sua impresa chopiniana - che l'intenzione era quella: dopo l'integrale affrontata in disco e in recital di tutto Chopin, avrebbe voluto dedicarsi ai due volumi del Clavicembalo ben temperato di Bach (e pensare anche a Debussy e a Ligeti). La prima parte del progetto Bach è pronta, in questo bellissimo doppio CD che la dice lunga su come Pietro De Maria venga da Chopin e pensi a Debussy. Cioè: questione di tocco, di sensibilità al tasto che più variegato di così è difficile immaginare. Fin dal primo, celeberrimo numero sull'arpeggio di do - il Praeludium sul quale Gounod si inventerà l'Ave Maria - il suono trascolora in cangianze tali da evocare altri strumenti oltre lo Steinway da concerto. E nel prosieguo dell'ascolto l'impressione si conferma: il pianoforte sembra un organo, un fllauto, un'orchestra, addirittura un coro. Una metamorfosi del tutto in linea con la camaleontica opera che, destinata al clavier (cioè a un esemplare da tasto non specificato da Bach), verifica un dato "scientifico": la divisione della scala musicale secondo il concetto di un moderno evoluzionismo armonico esperito organicamente dai 48 Preludi e Fughe dei due tomi costruiti su tutti i toni e semitoni dell'ottava. Questo l'input. Il risultato è una summa stupefacente di allusioni/illusioni stilistiche d'epoca barocca e non solo (dalla forma bipartita del Preludio sortirà la moderna Sonata, per esempio), che De Maria illumina con un acume di analisi da applauso.