Amadeus

Chopin: complete piano works

... nel caso di De Maria ciò che colpisce è la sua "integrità" dal primo all'ultimo disco: monolitica nel senso più bello del termine, cioè profonda, vera, appassionata. In qualche maniera non perfettibile.È la ciliegina sulla torta. Dopo l'integrale affrontata in disco e rodata live sul palcoscenico, Pietro De Maria raccoglie tutti i lavori per pianoforte solo di Chopin in questo cofanetto: 13 cd. Un vis-à-vis dell'interprete col complesso mondo d'autore e anche con se stesso. Cioè: il pianista veneziano classe 1967, premiato in concorsi del calibro del Ciani e del Tchaikovsky, ha dedicato a Chopin quattro anni di full immersion discografica (2006-2009), cui si aggiungono sei concerti in recital e ancora tanto Chopin nel 2010 in giro per il mondo, anno dell'anniversario. La domanda è: com'è maturato il suo rapporto col compositore? Risposta (apparentemente) imbarazzante: non è maturato. S'è cementato, sì: come accade nella vita, a furia di frequentare una persona la si conosce sempre meglio. Ma nel caso di De Maria ciò che colpisce è la sua "integrità" dal primo all'ultimo disco: monolitica nel senso più bello del termine, cioè profonda, vera, appassionata. In qualche maniera non perfettibile. Dalla trasfigurazione dell'idea di patria nelle Polacche con suoni che vanno da dimensioni quasi catatoniche a impeti di follia con in mezzo tutte le sfumature possibili, al garbo delle Mazurche, "quadri da cavalletto" come li chiamava Chopin, alla limpidezza formale delle Sonate fino all'intimismo dei Notturni. Il salotto c'è, naturalmente. Un interprete non può ignorare la "gabbia" sociale dell'autore. Ma da quel salotto affrontato con dita sensitive verrà fuori Debussy. E si sente benissimo.


... nel caso di De Maria ciò che colpisce è la sua "integrità" dal primo all'ultimo disco: monolitica nel senso più bello del termine, cioè profonda, vera, appassionata. In qualche maniera non perfettibile.È la ciliegina sulla torta. Dopo l'integrale affrontata in disco e rodata live sul palcoscenico, Pietro De Maria raccoglie tutti i lavori per pianoforte solo di Chopin in questo cofanetto: 13 cd. Un vis-à-vis dell'interprete col complesso mondo d'autore e anche con se stesso. Cioè: il pianista veneziano classe 1967, premiato in concorsi del calibro del Ciani e del Tchaikovsky, ha dedicato a Chopin quattro anni di full immersion discografica (2006-2009), cui si aggiungono sei concerti in recital e ancora tanto Chopin nel 2010 in giro per il mondo, anno dell'anniversario. La domanda è: com'è maturato il suo rapporto col compositore? Risposta (apparentemente) imbarazzante: non è maturato. S'è cementato, sì: come accade nella vita, a furia di frequentare una persona la si conosce sempre meglio. Ma nel caso di De Maria ciò che colpisce è la sua "integrità" dal primo all'ultimo disco: monolitica nel senso più bello del termine, cioè profonda, vera, appassionata. In qualche maniera non perfettibile. Dalla trasfigurazione dell'idea di patria nelle Polacche con suoni che vanno da dimensioni quasi catatoniche a impeti di follia con in mezzo tutte le sfumature possibili, al garbo delle Mazurche, "quadri da cavalletto" come li chiamava Chopin, alla limpidezza formale delle Sonate fino all'intimismo dei Notturni. Il salotto c'è, naturalmente. Un interprete non può ignorare la "gabbia" sociale dell'autore. Ma da quel salotto affrontato con dita sensitive verrà fuori Debussy. E si sente benissimo.

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