Amadeus

Chopin: The Mazurkas - Pietro De Maria

Un microcosmo che Pietro De Maria arriva ad affrontare dopo otto dischi e la pratica smaliziata di chi l'integrale pianistica del polacco non solo la smaltisce in disco, ma la roda anche live sul palcoscenico. E sono solo pregi.Finisce col piccolo, col ninnolo: con la difficoltà suprema di concentrare in pochi istanti di musica (da un minimo di quaranta secondi a un massimo di 5 minuti) un intero universo espressivo. Quello delle Mazurche di Chopin. Un microcosmo che Pietro De Maria arriva ad affrontare dopo otto dischi e la pratica smaliziata di chi l'integrale pianistica del polacco non solo la smaltisce in disco, ma la roda anche live sul palcoscenico. E sono solo pregi. Virtù che del resto abbiamo segnalato più volte su queste colonne riferendo del valore interpretativo del pianista veneto.

Anche quest'ultima fatica (3 CD che includono, accanto ai 13 numeri d'opus delle Mazurche, la Fantasia op. 49, laBerceuse op. 57, la Barcarola op. 60, il Bolero op. 19, i Rondò op. 1, 5 e 73 più l'Introduzione e Rondò op. 16) non tradisce lo spirito più autentico di un genere che ha accompagnato tutta la vita del compositore dall'adolescenza. Taccuini, si potrebbero chiamare. Chopin amava definirli "quadri da cavalletto". Dietro a quei quadri ci sono le sue radici: una terna di danze polacche in ritmo ternario (Kujawiak, Mazur, Oberek) che nelle sue mani (e in quelle "sensitive" di De Maria") passano al setaccio, in un sottile processo di distillazione stilistica, il più intimistico romanticismo d'autore. Quello in controtendenza rispetto al pianismo atletico imperante nella Parigi di primo Ottocento, che con Chopin si scopre essere pianismo di pura avanguardia. Nei salotti, certo. Con un Debussy di là da venire ma mai ascoltato così prossimo.


Un microcosmo che Pietro De Maria arriva ad affrontare dopo otto dischi e la pratica smaliziata di chi l'integrale pianistica del polacco non solo la smaltisce in disco, ma la roda anche live sul palcoscenico. E sono solo pregi.Finisce col piccolo, col ninnolo: con la difficoltà suprema di concentrare in pochi istanti di musica (da un minimo di quaranta secondi a un massimo di 5 minuti) un intero universo espressivo. Quello delle Mazurche di Chopin. Un microcosmo che Pietro De Maria arriva ad affrontare dopo otto dischi e la pratica smaliziata di chi l'integrale pianistica del polacco non solo la smaltisce in disco, ma la roda anche live sul palcoscenico. E sono solo pregi. Virtù che del resto abbiamo segnalato più volte su queste colonne riferendo del valore interpretativo del pianista veneto.

Anche quest'ultima fatica (3 CD che includono, accanto ai 13 numeri d'opus delle Mazurche, la Fantasia op. 49, laBerceuse op. 57, la Barcarola op. 60, il Bolero op. 19, i Rondò op. 1, 5 e 73 più l'Introduzione e Rondò op. 16) non tradisce lo spirito più autentico di un genere che ha accompagnato tutta la vita del compositore dall'adolescenza. Taccuini, si potrebbero chiamare. Chopin amava definirli "quadri da cavalletto". Dietro a quei quadri ci sono le sue radici: una terna di danze polacche in ritmo ternario (Kujawiak, Mazur, Oberek) che nelle sue mani (e in quelle "sensitive" di De Maria") passano al setaccio, in un sottile processo di distillazione stilistica, il più intimistico romanticismo d'autore. Quello in controtendenza rispetto al pianismo atletico imperante nella Parigi di primo Ottocento, che con Chopin si scopre essere pianismo di pura avanguardia. Nei salotti, certo. Con un Debussy di là da venire ma mai ascoltato così prossimo.

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