Il Giornale di Vicenza

Maratona Chopin - De Maria pianista maturo ed elegante

Pietro De Maria risolve ogni passaggio con autorevole sicurezza, piglio, maturità espressiva, tecnica fluida. E soprattutto con estrema eleganza. Una compostezza equilibrata in cui ravvediamo l’ispirazione del sommo Michelangeli, non solo nella forma esteriore della gestualità e della postura, ma anche nella ricerca della sensibilità del toccoUn recital pianistico nel segno di Chopin riconferma Pietro De Maria come un solista di prim’ordine. Per la Stagione unificata di Amici della Musica e Quartetto, il 36enne pianista veneziano regala all’Auditorium Canneti – calorosamente riempito – un excursus monografico che compendia i 24 Studi dall’Opera 10 e 25 e le Quattro Ballate.
Venne anche definito, con un po’ di retorica, “il poeta del pianoforte”, Frederich Chopin, ma ascoltando la sua musica si comprende come la metafora sia calzante. Ritmo, pause, spunti tematici, immagini poetiche si rincorrono in modo armonico ed equilibrato dall’inizio alla fine. Brani musicali come liriche. Battute come quartine. E per essere un “cantore” libero e immediato, la tecnica non deve sovrastare la temperie patetica. Pietro De Maria, ha, come i grandi solisti, il dono di rendere tecnicamente ineccepibili le sue risoluzioni, senza fare prevalere l’aspetto meccanico su quello maggiormente caratterizzante, ossia lirico. Gli studi dell’opera 10 e dell’opera 25 sono un metro di prova perfetto. Essenziali punti di riferimento nella storia della musica pianistica, rappresentano poemi sinfonici estremamente concentrati ma prima di tutto, sono appunto studi per lo sviluppo della tecnica, rivolti a un “desideratum” tecnico specifico basato su di un unico motivo musicale. E la combinazione di una singola funzione pratica con i più elevati contenuti e significati musicali è assolutamente ad hoc. Pietro De Maria risolve ogni passaggio con autorevole sicurezza, piglio, maturità espressiva, tecnica fluida. E soprattutto con estrema eleganza. Una compostezza equilibrata in cui ravvediamo l’ispirazione del sommo Michelangeli, non solo nella forma esteriore della gestualità e della postura, ma anche nella ricerca della sensibilità del tocco.
E’ nel contempo, il suo, uno Chopin puro e assoluto, di classe ma senza smancerie, vorticoso e non salottiero. Con giustezza e senza concitazioni, virtuosistiche infatti, ecco svolgersi il 1° Studio, ambientato nella solare tonalità del do maggiore, con gli arpeggi morbidi dall’inizio alla fine. Studio n° 1 che ha uno speculare richiamo con il 12° finale dall’opera 25 e particolarmente affine con il 1° dei Capricci di Paganini, cui lo stesso s’ispira (Chopin raccomandava ai suoi allievi un’esecuzione vicina ai famosi “colpi d’arco”). Il pianista non si è certo lasciato intimidire da trilli, abbellimenti vari, arditezze di ottave, pesi e staccati, legati e brillantezze di agilità e dominando la tastiera come se fosse un violino è riuscito nell’intento di fondere virtuosismo ed espressività. 
Nelle Ballate ugualmente si affrontano gli espedienti tecnici più diversi ma, come i Notturni o gli Improvvisi, esse sono composizioni più intime e personali. De Maria con la 1a Ballata in sol minore op. 23 e con la 4a in fa minore op. 52 cattura l’uditorio evidenziando fascino e passione romantici, uniti alla fresca spontaneità cangiante di forma e armonia qual è la musica di Chopin. La seconda Ballata in fa maggiore op. 38 invece è affascinante per il tocco (nelle prime battute si imitano i rintocchi di campane) e nel sostegno delle parti gravi della tastiera e la terza, in la bemolle maggiore op. 47 nelle mani del pianista veneziano media con asciuttezza delicatezze e sentimento, irruenza e dolcezza. Il viaggio di De Maria in compagnia di Chopin trascina il numeroso pubblico. Egli si mostra per altro interprete anche nella scelta dei tempi, nelle uscite e nella proposta dei fuori-programma. Ne regala due, dopo quasi 120 minuti di esibizione, con invidiabile freschezza e brillantezza. L’intimo e poetico “Ottobre” dalla raccolta “Le Stagioni” di Ciajkovskij e “La Campanella” di Liszt. Assolutamente eccezionali. Come la risposta del pubblico.


Pietro De Maria risolve ogni passaggio con autorevole sicurezza, piglio, maturità espressiva, tecnica fluida. E soprattutto con estrema eleganza. Una compostezza equilibrata in cui ravvediamo l’ispirazione del sommo Michelangeli, non solo nella forma esteriore della gestualità e della postura, ma anche nella ricerca della sensibilità del toccoUn recital pianistico nel segno di Chopin riconferma Pietro De Maria come un solista di prim’ordine. Per la Stagione unificata di Amici della Musica e Quartetto, il 36enne pianista veneziano regala all’Auditorium Canneti – calorosamente riempito – un excursus monografico che compendia i 24 Studi dall’Opera 10 e 25 e le Quattro Ballate.
Venne anche definito, con un po’ di retorica, “il poeta del pianoforte”, Frederich Chopin, ma ascoltando la sua musica si comprende come la metafora sia calzante. Ritmo, pause, spunti tematici, immagini poetiche si rincorrono in modo armonico ed equilibrato dall’inizio alla fine. Brani musicali come liriche. Battute come quartine. E per essere un “cantore” libero e immediato, la tecnica non deve sovrastare la temperie patetica. Pietro De Maria, ha, come i grandi solisti, il dono di rendere tecnicamente ineccepibili le sue risoluzioni, senza fare prevalere l’aspetto meccanico su quello maggiormente caratterizzante, ossia lirico. Gli studi dell’opera 10 e dell’opera 25 sono un metro di prova perfetto. Essenziali punti di riferimento nella storia della musica pianistica, rappresentano poemi sinfonici estremamente concentrati ma prima di tutto, sono appunto studi per lo sviluppo della tecnica, rivolti a un “desideratum” tecnico specifico basato su di un unico motivo musicale. E la combinazione di una singola funzione pratica con i più elevati contenuti e significati musicali è assolutamente ad hoc. Pietro De Maria risolve ogni passaggio con autorevole sicurezza, piglio, maturità espressiva, tecnica fluida. E soprattutto con estrema eleganza. Una compostezza equilibrata in cui ravvediamo l’ispirazione del sommo Michelangeli, non solo nella forma esteriore della gestualità e della postura, ma anche nella ricerca della sensibilità del tocco.
E’ nel contempo, il suo, uno Chopin puro e assoluto, di classe ma senza smancerie, vorticoso e non salottiero. Con giustezza e senza concitazioni, virtuosistiche infatti, ecco svolgersi il 1° Studio, ambientato nella solare tonalità del do maggiore, con gli arpeggi morbidi dall’inizio alla fine. Studio n° 1 che ha uno speculare richiamo con il 12° finale dall’opera 25 e particolarmente affine con il 1° dei Capricci di Paganini, cui lo stesso s’ispira (Chopin raccomandava ai suoi allievi un’esecuzione vicina ai famosi “colpi d’arco”). Il pianista non si è certo lasciato intimidire da trilli, abbellimenti vari, arditezze di ottave, pesi e staccati, legati e brillantezze di agilità e dominando la tastiera come se fosse un violino è riuscito nell’intento di fondere virtuosismo ed espressività. 
Nelle Ballate ugualmente si affrontano gli espedienti tecnici più diversi ma, come i Notturni o gli Improvvisi, esse sono composizioni più intime e personali. De Maria con la 1a Ballata in sol minore op. 23 e con la 4a in fa minore op. 52 cattura l’uditorio evidenziando fascino e passione romantici, uniti alla fresca spontaneità cangiante di forma e armonia qual è la musica di Chopin. La seconda Ballata in fa maggiore op. 38 invece è affascinante per il tocco (nelle prime battute si imitano i rintocchi di campane) e nel sostegno delle parti gravi della tastiera e la terza, in la bemolle maggiore op. 47 nelle mani del pianista veneziano media con asciuttezza delicatezze e sentimento, irruenza e dolcezza. Il viaggio di De Maria in compagnia di Chopin trascina il numeroso pubblico. Egli si mostra per altro interprete anche nella scelta dei tempi, nelle uscite e nella proposta dei fuori-programma. Ne regala due, dopo quasi 120 minuti di esibizione, con invidiabile freschezza e brillantezza. L’intimo e poetico “Ottobre” dalla raccolta “Le Stagioni” di Ciajkovskij e “La Campanella” di Liszt. Assolutamente eccezionali. Come la risposta del pubblico.

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