Alcune scelte...personali...ci permettono di ascoltare dettagli che di solito sfuggono all’attenzioneDe Maria è un pianista serio e molto preparato, uscito dalla scuola di Gino Gorini (solista meraviglioso quanto ingiustamente dimenticato) e Maria Tipo, e protagonista di una carriera costruita con pazienza e tenacia (suo è il primo Premio al “Ciani” nel 1990) senza inutili divismi e con risultati sempre molto pregevoli. È dunque un piacere un poco campanilistico il vedere la sua immagine su un cd della Decca, là dove alcuni anni fa campeggiava solamente il ritratto di Ashkenazy o di Jorge Bolet, come a dire che vi sono artisti italiani che sanno farsi valere dimostrando sul campo le proprie qualità.
E proprio sul campo avevamo ascoltato qualche anno fa da De Maria gli Studi op. 10 e una parte dell’op. 25 ammirando la musicalità e la tecnica del pianista. Già allora si notavano alcune scelte per quanto possibile personali nella lettura di questi classici e la curatissima accentuazione di certi particolari (per esempio nei n. 1, 7, 8, 9 dell’op. 10, nei n. 4 e 8 dell’op. 25 e nell’ultimo dei tre studi postumi, eseguito con rara perizia) se da un lato ci privano della ferrea, quasi metronomica precisione di un Pollini, dall’altro ci permettono di ascoltare dettagli che di solito sfuggono all’attenzione.
Una incisione dunque molto interessante che speriamo possa far sì che a De Maria venga riservato un più ampio consenso a livello internazionale.
Alcune scelte...personali...ci permettono di ascoltare dettagli che di solito sfuggono all’attenzioneDe Maria è un pianista serio e molto preparato, uscito dalla scuola di Gino Gorini (solista meraviglioso quanto ingiustamente dimenticato) e Maria Tipo, e protagonista di una carriera costruita con pazienza e tenacia (suo è il primo Premio al “Ciani” nel 1990) senza inutili divismi e con risultati sempre molto pregevoli. È dunque un piacere un poco campanilistico il vedere la sua immagine su un cd della Decca, là dove alcuni anni fa campeggiava solamente il ritratto di Ashkenazy o di Jorge Bolet, come a dire che vi sono artisti italiani che sanno farsi valere dimostrando sul campo le proprie qualità.
E proprio sul campo avevamo ascoltato qualche anno fa da De Maria gli Studi op. 10 e una parte dell’op. 25 ammirando la musicalità e la tecnica del pianista. Già allora si notavano alcune scelte per quanto possibile personali nella lettura di questi classici e la curatissima accentuazione di certi particolari (per esempio nei n. 1, 7, 8, 9 dell’op. 10, nei n. 4 e 8 dell’op. 25 e nell’ultimo dei tre studi postumi, eseguito con rara perizia) se da un lato ci privano della ferrea, quasi metronomica precisione di un Pollini, dall’altro ci permettono di ascoltare dettagli che di solito sfuggono all’attenzione.
Una incisione dunque molto interessante che speriamo possa far sì che a De Maria venga riservato un più ampio consenso a livello internazionale.