La Prealpina

De Maria incanta con Chopin

Alle spalle di questo Chopin si avvertono l’eleganza aristocratica di Rubinstein, la poesia di Magaloff, l’invenzione timbrica di Maria TipoMILANO – Tecnica superlativa, fraseggio levigato con mani finissime, leggerezza e passione. Pietro De Maria seduce il pubblico con il suo Chopin elegante ed inquieto. L’occasione di ascoltare il quarantenne pianista veneziano, lunedì sera all’Auditorium milanese in un recital inserito nel cartellone dell’Orchestra Verdi, è stata la presentazione del secondo volume della sua attesa integrale chopiniana per la Decca (tredici i CD previsti, entro il 2010), dedicato alle Ballate ed agli Improvvisi.
In programma, accanto alle quattro Ballate, gli Improvvisi in Fa diesis maggiore op. 36 e Sol bemolle maggiore op. 51 e gli Studi op. 10, già registrati nel primo volume dell’integrale. Un’ora e cinquanta minuti di musica, compresi i tre bis (una Sonata di Scarlatti, una raffinatissima e tecnicamente sopraffina “Campanella” di Liszt e la Melodia di Gluck-Sgambati) trascorre rapida, sul filo di una tensione continua.
Scintillante virtuosismo timbrico e digitale, controllo assoluto della tastiera, fraseggio mosso e privo di compiacimenti. E poi tempi mossi, una cantabilità elegante e naturale insieme, perfetta comprensione della natura polifonica della scrittura chopiniana, cura maniacale delle dinamiche e dei piani sonori. Alle spalle di questo Chopin si avvertono l’eleganza aristocratica di Rubinstein, la poesia di Magaloff, l’invenzione timbrica di Maria Tipo (insegnante di De Maria). Eppure tutto suona così moderno e nuovo perché De Maria non teme il confronto con le ombre del passato e sta affrontando questa integrale coraggiosa, anzi coraggiosissima, con le idee molto chiare e con la benedizione di una tecnica invidiabile (la pulizia degli Studi op. 10 è lì a dimostrarlo).
Da tenere presente, anche per il futuro.


Alle spalle di questo Chopin si avvertono l’eleganza aristocratica di Rubinstein, la poesia di Magaloff, l’invenzione timbrica di Maria TipoMILANO – Tecnica superlativa, fraseggio levigato con mani finissime, leggerezza e passione. Pietro De Maria seduce il pubblico con il suo Chopin elegante ed inquieto. L’occasione di ascoltare il quarantenne pianista veneziano, lunedì sera all’Auditorium milanese in un recital inserito nel cartellone dell’Orchestra Verdi, è stata la presentazione del secondo volume della sua attesa integrale chopiniana per la Decca (tredici i CD previsti, entro il 2010), dedicato alle Ballate ed agli Improvvisi.
In programma, accanto alle quattro Ballate, gli Improvvisi in Fa diesis maggiore op. 36 e Sol bemolle maggiore op. 51 e gli Studi op. 10, già registrati nel primo volume dell’integrale. Un’ora e cinquanta minuti di musica, compresi i tre bis (una Sonata di Scarlatti, una raffinatissima e tecnicamente sopraffina “Campanella” di Liszt e la Melodia di Gluck-Sgambati) trascorre rapida, sul filo di una tensione continua.
Scintillante virtuosismo timbrico e digitale, controllo assoluto della tastiera, fraseggio mosso e privo di compiacimenti. E poi tempi mossi, una cantabilità elegante e naturale insieme, perfetta comprensione della natura polifonica della scrittura chopiniana, cura maniacale delle dinamiche e dei piani sonori. Alle spalle di questo Chopin si avvertono l’eleganza aristocratica di Rubinstein, la poesia di Magaloff, l’invenzione timbrica di Maria Tipo (insegnante di De Maria). Eppure tutto suona così moderno e nuovo perché De Maria non teme il confronto con le ombre del passato e sta affrontando questa integrale coraggiosa, anzi coraggiosissima, con le idee molto chiare e con la benedizione di una tecnica invidiabile (la pulizia degli Studi op. 10 è lì a dimostrarlo).
Da tenere presente, anche per il futuro.

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